Ad essere sotto attacco è il quizzone messo a punto dal ministero dell’Istruzione che, per accelerare i tempi, ha sostituito il classico compito scritto, più complicato da correggere. Le prime tre procedure, che in Lombardia hanno già selezionato coloro che potranno presentarsi all’orale, restituiscono numeri bassissimi. Quindi, di conseguenza, molti posti messi a concorso resteranno vacanti, amplificando la già difficile situazione di un precariato scolastico importante.
Lo scorso mese di settembre vennero nominati venticinquemila supplenti, un quinto del totale delle cattedre da coprire. E il prossimo anno si rischia di peggiorare la situazione. In regione sono in tutto cento le discipline d’insegnamento per cui il ministero ha messo posti a disposizione, ma i primi numeri non sono certo incoraggianti. Nella sezione di concorso per insegnare Italiano, Storia e Geografia alla scuola media, sono riusciti a superare la prova scritta, un quizzone di 50 domande a risposta multipla da affrontare in 100 minuti, in 964. Si erano presentati in 6.711 e più dell’85% degli aspiranti prof è stato scartato. Ad accedere alla prova orale uno su sette. Va un po’ meglio per coloro che vogliono affiancare gli alunni disabili delle scuole superiori. Per il relativo concorso di sostegno a superare la prova è il 18%, mentre per quello relativo al sostegno alla media supera l’ostacolo degli scritti il 30% dei candidati: 135 sui 445 presenti. I posti in palio erano però 1.365 e almeno 1.230 cattedre non potranno essere assegnate.
Numeri al limite anche per la classe di concorso A022: 906 posti disponibili e 964 ammessi all’orale. Mentre per il sostegno al superiore, dove i posti sono 423, restano in gioco in 92. Le cattedre a disposizione in Lombardia sono in tutto 7.247. È facile immaginare che, quindi, i vincitori del concorso saranno pochi. Ma perché? La domanda che è stata posta è la seguente: ‘ gli aspiranti docenti non hanno una preparazione adeguata oppure la modalità quiz ha delle lacune?’ “Esame sbagliato – risponde Calogero Buscarino, della Gilda degli insegnanti di Milano – Coloro che hanno partecipato al concorso non sono aspiranti all’insegnamento ma docenti con parecchi anni di esperienza e quindi con competenze acquisite che sono lontane dai quesiti posti durante l’esame”.
“Un test a crocette – aggiunge Tobia Sertori, della Flc Cgil regionale – non può essere strumento di selezione. I questi posti da docenti universitari sono lontani dalla finalità del lavoro e delle ricadute dell’insegnamento. Per come sono concepiti non esaminano le vere competenze che un docente può dimostrare solo stando in classe con gli alunni”. Per Carlo Giuffrè, della Uil scuola Lombardia, “sono i concorsi che vanno ripensati”. Per il sindacalista, occorre trovare un modo per valorizzare “quanto il docente è in grado di dare nel lavoro da svolgere in classe: saper suscitare interesse, ricerca, saper dare suggerimenti per una vera crescita di apprendimento, sapere aprire le menti e curare le relazioni”.
Anche i dirigenti scolastici bocciano il quizzone. “Per reclutare il personale docente – sostiene Matteo Loria, alla guida dell’Associazione nazionale presidi della Lombardia – non ha senso ricorrere ai quiz o comunque a un esame ipernozionistico, inadatto a valutare le competenze e le attitudini all’insegnamento”. Per i presidi la soluzione esiste: affidare il reclutamento direttamente ai dirigenti scolastici. “Le assunzioni – conclude Loria – dovrebbero essere fatte direttamente dai dirigenti scolastici dei singoli istituti”.