di Melania Depasquale
L’Italia svolta a destra
Giorgia Meloni ha vinto le elezioni. È Fratelli d’Italia il primo partito con oltre il 26 per cento dei voti. Il risultato è netto, e proietta la Meloni ad essere la prima presidente del Consiglio nella storia dell’Italia repubblicana, segnando così una svolta radicale. La strada verso Palazzo Chigi sembra spianata, il prossimo passo è mantenere gli equilibri interni alla sua stessa coalizione. Se il discorso celebrativo della Meloni ha ricalcato i toni della soddisfazione, delle promesse da mantenere e del cambiamento, di altro profilo sono state le parole del leader della Lega, Matteo Salvini.
Il partito del Carroccio ha compiuto il percorso inverso degli alleati. Dal 17,6 per cento registrato nelle elezioni del 2018, ieri si è fermato circa al 9, perdendo voti anche nella roccaforte del Veneto. Ora, Salvini sgomiterà per riguadagnare terreno, magari a partire da un ritorno all’aspirato posto di Ministro dell’Interno, già ricoperto nel 2018, e da una rinnovata attenzione al Nord puntando sull’autonomia differenziata dei territori.
Anche Forza Italia ha perso voti rispetto alle scorse elezioni, passando dal 14,4 per cento del 2018 all’attuale 8 per cento. Probabilmente si tratta della fine dell’era berlusconiana che potrebbe dare gli ultimi colpi di coda in questo governo. Si pensa alla carica di Ministero degli Esteri. Alla luce dei risultati, soprattutto rispetto alle politiche del 2018, per la Meloni sarà fondamentale tenere unita la coalizione, così da poter governare in autonomia alla Camera e al Senato. I voti raccolti da Fratelli d’Italia sono tanti, ma la governabilità dipende dai rapporti con Forza Italia e Lega. Il risultato delle elezioni del 25 settembre è storico, non solo per Fratelli d’Italia. Nessun grande paese europeo aveva mai visto un’affermazione così decisa della destra dal secondo dopoguerra a oggi.
Fronte Partito Democratico
Un’altra sconfitta. Anzi, una batosta. Il Partito Democratico esce frastornato dallo scontro elettorale ottenendo, con il beneficio dei dati non ancora definitivi, solo il 19,2 per cento dei voti alla Camera e il 19,06 per cento al Senato. Un risultato molto al di sotto delle aspettative, tanto più se si tiene conto che nella lista “Italia Democratica e Progressista”, sono confluiti anche i voti di Articolo 1 (Leu) di Roberto Speranza e di altre forze minori. Una percentuale di preferenze in linea con quella ottenuta da Renzi nel 2018: allora il Pd portò a casa il 18,7% dei voti alla Camera e il 19,1% al Senato.
L’esito deludente delle urne, porta il partito faro della sinistra, a dover necessariamente risorgere dalle proprie ceneri. Non solo nel proporzionale ha ottenuto una quota di consenso modesta, ma ha perso anche molte sfide nei collegi uninominali contendibili o favorevoli, soprattutto al Nord e nelle ex regioni rosse. In Lombardia, Carlo Cottarelli ha perso ampiamente la sua corsa contro una candidata forte di Fratelli d’Italia, Daniela Santanché. Anche in Toscana la coalizione di centrosinistra fa fatica: perde nel collegio uninominale di Arezzo per il Senato, vince a Firenze con Ilaria Cucchi ma lascia alla destra il collegio di Prato. Più in generale, il Pd sembra tenere nei centri più grandi e soffrire molto altrove. Una tendenza che Letta non è riuscito a invertire.
Fronte Movimento 5 Stelle
Rispetto alle politiche del 2018 il Movimento 5 Stelle ha più che dimezzato la propria percentuale di voti, attestandosi poco sopra il 15 per cento. Il M5S si conferma forte soprattutto al Sud, dove in alcuni collegi riesce a dilagare come aveva già fatto nel 2018. Conte convince meno gli elettori delle Regioni del Centro, dove il dato è complessivamente più basso di quello nazionale, mentre nel Nord cede quasi dovunque il passo al Terzo Polo di Calenda, raccogliendo risultati molto modesti compresi tra il 5 e il 10 per cento. Il risultato più eclatante è quello della Campania 1 di Napoli, dove i pentastellati volano oltre il 40 per cento. Su questo partito è netta la spaccatura tra Nord e Sud.
+Europa e Terzo Polo
+Europa, il partito di Emma Bonino, Riccardo Magi e Benedetto della Vedova, non ha superato la soglia nazionale del 3%. Come previsto dalla legge elettorale i candidati nei collegi plurinominali non potranno essere eletti in Parlamento. I voti vengono ripartiti tra gli altri componenti della coalizione. Si chiamano Terzo Polo, ma sono arrivati quarti. Azione e Italia Viva terminano la loro corsa poco sotto l’8 per cento, con picchi nelle grandi città. Fallito l’obiettivo auspicato da Carlo Calenda di terminare con una percentuale maggiore di Forza Italia.
I grandi delusi e gli astenuti
Luigi Di Maio non è stato rieletto. Neppure la sua Napoli gli ha mostrato l’affetto di un tempo. Il Ministro degli Esteri e leader di Impegno Civico, ha infatti perso il confronto nel collegio uninominale di Napoli Fuorigrotta, dove è stato eletto l’ex ministro degli Esteri Sergio Costa, davanti anche all’esponente di Forza Italia Maria Rosaria Rossi.
Record negativo di astensionismo. L’affluenza alle urne è stata del 63,9 per cento, ben 9 punti in meno della tornata elettorale del 2018. Il calo più netto al Sud.