di Melania Depasquale
L’Istituto per lo Opere di religione, più comunemente conosciuto come Ior, ha chiuso il bilancio 2021 con un utile netto di 18,1 milioni. Questi, rappresentano il dividendo da assegnare alle casse del Papa. Confrontando questo dato con la chiusura del bilancio riferita all’anno 2020, l’utile è in calo. L’importo totale infatti ammontava a 36,4 milioni di euro. Il calo degli utili non sembra rappresentare un problema, anche perché, come spiega lo stesso Istituto, «sono in linea con le aspettative e con il nuovo modello di business HTCS adottato per gli investimenti e con il profilo di rischio prudente». Considerando i dati appresi dal bilancio, il margine di interesse è stato del 15%, +22% le commissioni nette, + 4% le masse gestire, da 5 a 5,2 miliardi di euro. Il TIER 1 ratio pari al 38,54%, al 59% il cost/income ratio. In relazione ai valori analizzati, l’operatività risulta “coerente con la Dottrina Sociale della Chiesa”. Come spiega anche il presidente dell’Istituto Jean Baptiste de Franssu: «La crescita delle masse gestite riflette i buoni risultati delle gestioni patrimoniali per la clientela, i risultati sono ottenuti operando in coerenza e applicazione dei principi della Dottrina Sociale della Chiesa, con il 70% delle linee di gestione sopra il benchmark a 5 anni». Il cost/income ratio ottenuto, riflette il controllo dei costi a fronte della scelta dell’Istituto di proseguire nella digitalizzazione dei servizi da offrire alla clientela, nel rafforzamento degli strumenti di difesa informatica e nell’assunzione di nuove risorse con specializzazioni diverse. Lo Ior continua a mantenere come prioritaria la propria trasformazione culturale.