Ogni anno la storia si ripete. Ogni anno, oggi 25 aprile, si celebra la giornata della Liberazione dal nazifascismo, una ricorrenza che crea sempre nuovi spunti di riflessione su quanta carenza di democrazia attanagli ancora la nostra società. Mai come in questo 25 aprile ci si interroga sul conflitto tra Russia e Ucraina, sulle morti che si potevano forse evitare, su quanto tutto questo fosse evitabile. Oggi, così come durante la seconda guerra mondiale, si combatte per far prevalere ideali di pace, democrazia e libertà su quei valori ispiranti dei regimi totalitari: dittatura e controllo della società. Purtroppo si combatte ancora. La guerra che infiamma i paesi dell’est è figlia di antiche rivalità, di conflitti irrisolti e di diritti violati. in questo giorno occorre ricordare come l’unica via percorribile per un mondo in cui prevalga la pace e il rispetto dell’umana società sia una: la democrazia. Questo valore ha ispirato il cuore dei nostri coraggiosi soldati che durante il secondo conflitto mondiale hanno difeso la Patria con onore e coraggio. Ha ispirato i costituenti che dopo la caduta del fascismo hanno creato un sistema di norme primarie che garantisse diritti e valori assoluti per tutti: la nostra Costituzione. Ma ha ispirato anche tanti uomini e donne comuni che non potendo partire per il fronte di guerra difendevano le città, i piccoli paesi e le loro stesse famiglie dalle barbarie nazifascista. Queste persone coraggiose, baluardo fondamentale per la caduta del regime sono i partigiani. Le loro storie sono dense di emozioni, di amore per l’Italia, per la pace, di sacrificio, ma anche di dolore e sofferenza per il dover dire talvolta addio ai proprio cari a causa della prigionia e della sicura morte. Le loro storie non si trovano spesso nei libri di scuola, dove la conoscenza di quanto accaduto dal 1° settembre 1939 al 1945 aiuta a far sì che non si ripetano certe atrocità. Oggi vogliamo rievocare la memoria di una partigiana coraggiosa, una donna che con la sua voglia di libertà ha combattuto al fianco degli altri partigiani pagando con il più alto tributo la propria scelta: questa donna è Paola Garelli. Nacque il 14 maggio 1916 a Mondovì, in provincia di Cuneo. Lavorava a Savona come pettinatrice. Dopo l’armistizio, nell’ottobre 1943, entrò in clandestinità, unendosi ai partigiani della Brigata SAP Colombo, operante in città ed inquadrata nella Divisione Gramsci. Con il nome di battaglia “Mirka“, svolse numerose missioni di collegamento con le formazioni dislocate nelle zone circostanti a Savona, occupandosi anche di rifornirle di armi e provviste. La notte tra il 14 e il 15 ottobre 1944 venne sorpresa dalle Brigate Nere mentre si trovava nella propria abitazione. Immediatamente arrestata, venne imprigionata nella sede della federazione fascista di Savona fino al 1º novembre; fu condotta alla fortezza ex Priamar e fucilata nel fossato del castello assieme ad altri detenuti con l’accusa di appartenenza a banda partigiana. La sua storia non è solo un chiaro esempio di coraggio, ma è anche lo straziante addio di una madre di soli 28 anni a sua figlia. In una lettera ritrovata, infatti, prima di morire la giovane donna scrisse alla sua piccola parole di forza e speranza che rievocano tutta l’emozione del tempo: “Mimma cara – la tua mamma se ne va pensandoti ed amandoti, mia creatura adorata, sii buona, studia e ubbidisci sempre gli zii che t’allevano, amali come fossi io. Io sono tranquilla – Tu devi dire a tutti i nostri cari parenti, nonna e gli altri, che mi perdonino, il dolore che dò loro. Non devi piangere né vergognarti di me – Quando sarai grande capirai meglio- Ti chiedo solo una cosa: studia, io ti proteggerò dal cielo. Ti abbraccio col pensiero te e tutti, ricordandovi. La tua infelice mamma.” 1/11/1944
Melania Depasquale