venerdì, Settembre 22, 2023
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CRISI DEL GRANO? E INVECE IL PREZZO SCENDE

Meno 10% nella scorsa settimana, e la tendenza continua. Calano anche mais e soia. La speculazione si era spinta troppo avanti?

Crisi del grano, prezzi alle stelle, mancanza di scorte? Sembra il solito gioco di speculazioni sulla pelle delle persone. Come il raccolto del grano avvenisse in pieno inverno e la guerra ne avesse distrutto un bel po’. Ma invece le scorte ci sono, e di eventuali crisi produttiva delle spighe dovrebbe cominciare da giugno in poi, non da febbraio. Ma, si sa, un po’ di soldi in più raccolti dalle tasche dei più poveri non guastano mai.
La scorsa settimana il prezzo del grano è sceso del 10%, e sembra proseguire anche questa settimana, confermando al momento una netta inversione di tendenza nonostante l’annuncio della Russia dello stop alle forniture del proprio grano ai Paesi “non amici”.
Il dato del costo che scende viene dalla borsa merci di Chicago, punto di riferimento mondiale.
Il calo dei prezzi non ha riguardato solo il grano, ma anche socia e mais, che pire avevano raggiunto prezzi impossibili e totalmente slegati dalla situazione reale di produzione e scorte. Qualcuno sostiene che la speculazione si stia mitigando alla luce della possibile fine della guerra russo-ucraina, che si ritiene non lontana. E certo influirebbe, perché l’Ucraina insieme alla Russia controlla circa il 28% sugli scambi internazionali con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, il 16 % sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) e il 65% sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate).

L’Italia, come in campo energetico, anche in quello alimentare ha scelto una politica fallimentare e pericolosissima, dal momento che importa il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame. Per capire in che direzione si andrà occorrerà attendere agosto e vedere l’andamento dei nuovi raccolti.
Il grano primaverile e quello autunnale Usa, altro grande esportatore di cereali, non sembra promettere aumenti di quantità, tra zone colpite da siccità ed altre da una poco comprensibile riduzione volontaria del seminato. In tutto questo l’Unione Europea, più attenta ai bilanci dare avere e ai rapporti con i mercati che agli approvvigionamenti dei suoi abitanti, non ha ancora dato il via alla semina in Italia di altri 200mila ettari di terreno per una produzione aggiuntiva di circa 15 milioni di quintali di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione, necessari per ridurre la dipendenza dall’estero, come chiesto a gran voce da più parti.  E 200mila ettari, secondo Coldiretti, potrebbero addirittura diventare in un periodo breve un milione recuperando ettari lasciati incolti per insufficiente redditività o a causa della siccità. E per battere quest’ultima andrebbero realizzati  invasi che consentano di conservare e ridistribuire l’acqua.

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