Di fronte al perdurare del conflitto in Ucraina e alle conseguenze che la guerra sta cominciando ad avere sul mercato delle materie prime e dei beni energetici, per la prima volta da molti anni a questa parte si è tornati a parlare di razionamenti. Sul delicato tema si è espresso prontamente il Presidente del Consiglio Mario Draghi in un intervento in conferenza stampa parlando degli effetti per i cittadini italiani a medio-lungo termine che il conflitto ha causato e la conseguente difficoltà a reperire materie prime, oltre che l’effetto del costo eccessivo dell’energia. “Quando sarà il caso di lanciare allarmi lo faremo. Di sicuro dovremo prepararci all’evenienza ma da qui a lanciare l’allarme ce ne corre”, questo è quanto detto da Draghi rispondendo ad una domanda sull’eventualità che gli italiani debbano modificare i propri stili di vita come conseguenza dei mancati approvvigionamenti. Ha inoltre dichiarato che se le cose dovessero peggiorare sicuramente si entrerebbe in una logica di razionamento, ma fino ad allora si dovrà fare come per il gas: diversificazione più rapida possibile, interventi sui prezzi, aiuti a famiglie e imprese. La sparizione momentanea di grano ucraino e russo crea inoltre mancanze serie di queste materie prima, bisogna quindi approvvigionarsi immediatamente in altre parti del mondo dove c’è grande abbondanza, e anche su questo, come ha spiegato lo stesso Draghi, si sta già lavorando. Quando si utilizza il termine “razionamenti” non si parla di una definizione tecnica, ma di una serie di interventi volti a perseguire un obiettivo, ovvero la riduzione del consumo di determinati beni. Il Governo come già è noto al momento non ha mai parlato di interventi per regolare la vendita di alimenti; tuttavia, come già accaduto durante i primi mesi della pandemia, i timori su un possibile calo della disponibilità di prodotti ha alimentato una psicosi che ha spinto una ingiustificata caccia alle scorte. Per questo motivo i grandi supermercati hanno fissato un limite nell’acquisto dei beni di prima necessità come carta, olio di semi di girasole, farina e zucchero, prevedendo l’eventualità di una carenza di rifornimenti. Il razionamento è una scelta di campo che interessa anche il gas, infatti se il conflitto dovesse proseguire e il prezzo dell’energia restasse così alto come negli ultimi mesi potrebbe essere un primo passo necessario. Prima però di arrivare ad una misura drastica e difficilmente attuabile, come la limitazione della fornitura di gas ed energia, scenario che nessuno ora sta prendendo in considerazione, esistono parecchi step intermedi partendo da una maggior attenzione individuale al consumo di energia fino ad una riduzione dei livelli degli impianti di riscaldamento. Scelte più semplici dal lato delle famiglie ma più complesse dal lato delle imprese, per cui una riduzione del consumo di energia può comportare un danno per la propria produzione. L’esecutivo ha inoltre già provveduto a ridosso dell’invasione l’esecutivo “autorizza l’anticipo, anche a scopo preventivo, dell’adozione delle misure di aumento dell’offerta e/o riduzione della domanda di gas previste in casi di emergenza”. In particolare, ha spiegato Palazzo Chigi: “La norma rende immediatamente attuabile, se fosse necessario, la riduzione del consumo di gas delle centrali elettriche oggi attive, attraverso la massimizzazione della produzione da altre fonti e fermo restando il contributo delle energie rinnovabili”. Un ruolo decisivo in questo senso è affidato a Terna, la controllata pubblica che si occupa della gestione della rete elettrica, dovrà predisporre un nuovo programma di massimizzazione dell’impiego degli impianti di generazione di energia elettrica.
Melania Depasquale
